Il primo passo in tale direzione arriva dal Mef con il Dm 23 febbraio 2017. Attesi, inoltre, due provvedimenti del direttore dell’Agenzia dell’Entrate.
I depositi Iva
I depositi Iva sono stati introdotti nel nostro ordinamento dalla legge 28/1997, in attuazione della normativa europea in materia di semplificazioni relative all’imposta sul valore aggiunto sui traffici internazionali. La relativa disciplina, infatti, è regolata dall’articolo 50-bis, Dl 331/1993, introdotto proprio dalla citata legge. I depositi Iva hanno la funzione di agevolare gli scambi di beni in ambito intracomunitario, consentendo il trasferimento della merce da un paese membro all’altro senza assoggettare a imposta i singoli passaggi. In altri termini, il meccanismo in esame consente che, rispetto a determinate operazioni effettuate mediante l’introduzione dei beni nel deposito, l’Iva, ove dovuta, sia assolta dall’acquirente finale solo al momento dell’estrazione dei beni dal deposito stesso, attraverso l’inversione contabile.
Dal punto di vista fisico, i depositi sono luoghi situati in Italia all’interno dei quali i beni vengono introdotti, stazionano e poi vengono estratti. La disciplina è stata più volte modificata nel corso del tempo. Una ricognizione sistematica del quadro normativo di riferimento, nonché delle più rilevanti questioni interpretative in materia, è contenuta nella circolare 12/E del 24 marzo 2015.
Le novità introdotte dal Dl 193/2016
Da ultimo, peraltro, la disciplina dei depositi Iva è stata modificata dal decreto legge collegato alla manovra di bilancio 2017 (articolo 4, commi 7 e 8, Dl 193/2016) che, in sintesi, ha previsto, con decorrenza 1° aprile 2017:
Con particolare riferimento alle operazioni di immissione in libera pratica di beni non comunitari destinati a essere introdotti in un deposito Iva (articolo 50-bis, comma 4, lettera b, Dl 193/2016), viene stabilito che l’imposta è dovuta dal soggetto che procede all’estrazione, con applicazione del meccanismo dell’inversione contabile (articolo 17, comma 2, Dpr 633/1972), previa prestazione di idonea garanzia. La medesima disposizione demanda a un successivo decreto ministeriale la definizione delle necessarie disposizioni operative; decreto, che è stato pubblicato in Gazzetta ufficiale lo scorso venerdì. Nelle more dell’adozione del decreto, peraltro, il legislatore aveva previsto l’operatività di un regime transitorio, in base al quale “l’imposta è dovuta dal soggetto che procede all’estrazione ed è versata in nome e per conto di tale soggetto dal gestore del deposito, che è solidalmente responsabile dell’imposta stessa”. Tuttavia, per effetto della pubblicazione del decreto e tendendo conto che le nuove disposizioni normative si applicano a partire dal 1° aprile 2017, il regime transitorio non troverà applicazione.
Il Dm 23 febbraio 2017
Le disposizioni attuative della ricordata modifica normativa, quindi, sono state adottate con il Dm 23 febbraio 2017, emanato dal ministro dell’Economia e delle finanze e pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 64 dello scorso 17 marzo.
Oggetto (articolo 1)
Il Dm definisce i contenuti, le modalità e i casi della prestazione della suddetta garanzia da parte dei soggetti che procedono all’estrazione dei beni (non comunitari) introdotti in un deposito Iva in regime di libera pratica.
Requisiti di garanzia (articolo 2)
Tali soggetti, come detto, sono tenuti al pagamento dell’imposta secondo il meccanismo dell’inversione contabile, previa prestazione di idonea garanzia. Tuttavia, tale obbligo non ricorre qualora, in capo al soggetto che procede all’estrazione, sussistano i seguenti requisiti, connessi a elementi soggettivi di affidabilità:
Si chiarisce che, per i soggetti di nuova costituzione, i requisiti devono sussistere con riguardo ai periodi, anche inferiori al triennio, intercorsi successivamente alla data di costituzione.
Diversamente, in assenza dei requisiti sopra elencati, ricorre l’obbligo di prestare la garanzia:
Attestazione relativa alla garanzia (articolo 3)
La sussistenza dei requisiti di affidabilità, in presenza dei quali non sussiste l’obbligo della garanzia, deve essere attestata dal soggetto che procede all’estrazione attraverso una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà (articolo 47, Dpr 445/2000). Il modello di tale dichiarazione (già disponibile in bozza con le istruzioni per la compilazione) sarà approvato con un successivo provvedimento del direttore dell’Agenzia delle Entrate.
La dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà deve essere consegnata dal soggetto estrattore al gestore del deposito Iva all’atto della prima estrazione effettuata e rimane valida per l’intero anno solare di presentazione. Il gestore del deposito, a sua volta, deve trasmettere la dichiarazione all’Agenzia delle Entrate che procede, anche sulla base di analisi del rischio di evasione o di frode, agli opportuni controlli, compresi quelli connessi alla verifica dell’effettiva sussistenza dei requisiti di garanzia dichiarati dal contribuente.
Le modalità e i termini per la trasmissione, anche in via telematica, della dichiarazione sostitutiva saranno definiti con un provvedimento del direttore dell’Agenzia delle Entrate. Peraltro, in caso di prestazione della garanzia, copia della stessa deve essere consegnata al gestore del deposito all’atto dell’estrazione dei beni.
Casi di esclusione (articolo 4)
Il Dm in parola, infine, indica una serie di casi in cui i requisiti necessari per evitare l’obbligo della garanzia si considerano comunque sussistenti in capo al soggetto che procede all’estrazione (senza neanche la necessità, quindi, di presentare la predetta dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà). Ciò avviene al ricorrere di una delle seguenti condizioni:
Anche in tali ipotesi, peraltro, viene ribadito che, per l’estrazione dei beni introdotti nel deposito Iva, l’imposta è dovuta dal soggetto estrattore secondo il meccanismo dell’inversione contabile.
Fonte: Fisco Oggi, Rivista Telematica dell'Agenzia delle Entrate - articolo di Gennaro Napolitano