Il diritto alla detrazione dell’Iva assolta “a monte” sull’acquisto di beni e servizi è subordinato al compimento “a valle” di operazioni imponibili. Non incide su tale principio di carattere generale l’eventuale erogazione di contributi pubblici a favore del soggetto passivo che eroga corsi di formazione, quale sia la natura degli stessi. Lo ha affermato la Corte di cassazione nella sentenza 19429 del 30 settembre 2015.
La vicenda processuale
La controversia trae origine dall’impugnazione di un avviso di accertamento con il quale l’ufficio ha recuperato, nei confronti di un consorzio che svolge corsi di formazione professionale, finanziati in parte attraverso contributi comunitari (a valere sul Fondo sociale europeo) e in parte con addebito del corrispettivo a carico degli utenti dei corsi medesimi, l’indebita detrazione – ai sensi dell’articolo 19, secondo comma, del Dpr 633/1972 – dell’Iva assolta sugli acquisti di beni e servizi, in quanto “afferenti ad operazioni non soggette ad imposta”. I giudici di primo grado hanno accolto il ricorso proposto dal consorzio.
La pronuncia ha trovato conferma anche in appello, da parte della Commissione tributaria regionale che, premesso di ritenere i contributi ricevuti dal consorzio fuori campo Iva (articolo 2, terzo comma, lettera a), del Dpr 633/1972), ha affermato che la mera astratta riferibilità del finanziamento pubblico all’attività del consorzio non comporta una limitazione del diritto alla detrazione.
Inoltre, a parere della Ctr, le prestazioni erogate dal consorzio non possono essere considerate esenti ai sensi dell’articolo 10, primo comma, n. 20), del Dpr 633/1972, non rivestendo lo stesso consorzio il carattere di “istituto o scuola riconosciuta dalla PA”, né ai sensi dell’articolo 14, comma 10, della legge 537/1993, che si applicherebbe solo ai corsi indirizzati al personale della Pubblica amministrazione, con la conseguenza che non sussistono cause di indetraibilità. Tale ultima disposizione, infatti, prevede che “i versamenti eseguiti dagli enti pubblici per l’esecuzione di corsi di formazione, aggiornamento, riqualificazione e riconversione del personale costituiscono in ogni caso corrispettivi di prestazioni di servizi esenti dall’imposta sul valore aggiunto, ai sensi dell’articolo 10 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633”.
L’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione.
La decisione
Con la sentenza in esame, la suprema Corte, nell’accogliere le ragioni dell’Amministrazione finanziaria, ha ribadito alcuni rilevanti principi di carattere generale. In primo luogo, i giudici di legittimità evidenziano che occorre tenere ben distinti i due piani della prestazione dell’ente pubblico, riguardante l’erogazione del contributo, e della prestazione eseguita dal consorzio, relativa allo svolgimento dei corsi di formazione professionale.
A parere della Cassazione, per quanto concerne il consorzio, il diritto alla detrazione non può essere disciplinato se non facendo riferimento ai principi generali ricavati dalla normativa comunitaria e recepiti in sede nazionale.
In altri termini, tale fondamentale diritto può essere riconosciuto esclusivamente in relazione all’acquisto di beni e servizi impiegati dal soggetto passivo “ai fini di sue operazioni soggette ad imposta” e “trova un proprio connaturato limite nell’impiego dei predetti beni e servizi a) per scopi estranei all’esercizio della impresa, arte o professione ovvero b) per attività economiche escluse dal circuito della imposizione indiretta, ai sensi dell’art. 19, comma 2, Dpr n. 633/72…”.
A tal fine, secondo i giudici di legittimità, è necessario preliminarmente soffermarsi su alcune questioni di carattere generale, che devono essere così risolte:
Ribaditi questi principi di carattere generale, la soluzione della questione controversa deve essere individuata alla luce del trattamento Iva delle operazioni effettuate “a valle” dal consorzio. Nel caso concreto, la Corte di cassazione ha ritenuto che l’attività svolta dal consorzio ricade nell’ambito di applicazione dell’articolo 10, n. 20), del Dpr 633/1972, ai sensi del quale le prestazioni didattiche di ogni genere sono esenti se “rese da istituti o scuole riconosciuti da pubbliche amministrazioni…”, con conseguente diniego del diritto alla detrazione.
Osservazioni
In linea con le conclusioni espresse dalla Cassazione sono le indicazioni contenute in alcuni documenti di prassi dell’Amministrazione finanziaria.
Con circolare 20/2015 e già nella risoluzione 100/2005, è stato precisato che l’imposta relativa ai beni e servizi acquistati per lo svolgimento dell’attività di formazione è detraibile se e nella misura in cui tali beni e servizi acquistati siano successivamente impiegati in attività che – a valle – danno luogo a operazioni soggette a Iva. Nella citata risoluzione n. 100, era stato altresì precisato che, ove sia possibile riscontrare un rapporto sinallagmatico tra le somme versate dall’ente finanziatore per l’esecuzione dei corsi di formazione e l’attività del soggetto attuatore, il contributo assume natura di corrispettivo versato a fronte di una specifica prestazione di servizi (realizzazione e organizzazione del progetto formativo), in quanto tale rilevante ai fini dell’Iva (cfr risoluzioni 90/2002 e 72/1999).
In tale ultima ipotesi, trova applicazione il regime di esenzione di cui all’articolo 14, comma 10, della legge 537/1993, in precedenza richiamato, ove ne sussistano i presupposti applicativi, con conseguente indetraibilità dell’Iva assolta a monte. Nella medesima ipotesi, si applica, invece, la regola del pro-rata, di cui all’articolo 19, comma 5, qualora il soggetto effettui, accanto all’attività che dà luogo a operazioni esenti, anche un’attività che dà luogo a operazioni soggette all’imposta.
Fonte: Fisco Oggi, Rivista Telematica dell'Agenzia delle Entrate - articolo di Letizia Berti