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IVA: tutto sull’ambito di applicazione della disciplina dei rimborsi

lentepubblica.it • 25 Luglio 2016

IVA disciplinaNel documento di prassi, i casi di esonero dalla prestazione di garanzia, anche se in presenza di avvisi di accertamento o di rettifica, qualora manchino situazioni di rischio. È stata pubblicata oggi la circolare 33/E con cui l’Agenzia delle Entrate chiarisce l’ambito di applicazione della disciplina dei rimborsi iva alla luce delle modifiche apportate alla disciplina dal Dlgs 156/2015, che ha riformulato l’istituto dell’interpello, e dal Dlgs 158/215, che ha invece revisionato il sistema sanzionatorio per le violazioni tributarie, sia in campo pena che in campo amministrativo. Questi i principali argomenti affrontati:

 

Società di comodo

 

Le società non operative o in perdita sistematica non possono richiedere il rimborso o la compensazione dell’eccedenza del credito risultante dalla dichiarazione annuale Iva, né tale eccedenza, se richiesta a rimborso, può essere oggetto di cessione. Tuttavia, in presenza di oggettive situazioni che hanno reso impossibile il conseguimento dei ricavi, degli incrementi di rimanenze e dei proventi nonché del reddito, è possibile presentare all’amministrazione istanza di interpello probatorio, dandone indicazione in dichiarazione dei redditi (articolo 11, comma 1, lettera b, dello Statuto del contribuente). In alternativa, si può disapplicare la disciplina mediante autovalutazione della sussistenza delle situazioni oggettive (previste dall’articolo 30, comma 4-bis della legge 724/1994), di cui, anche in tal caso, deve essere data indicazione in sede di compilazione della dichiarazione dei redditi. La presenza della dichiarazione sostitutiva e l’assenza di ulteriori cause ostative consentono l’erogazione del rimborso in procedura semplificata o ordinaria (paragrafo 1.2 della circolare 9/E del 2016). In caso contrario, la richiesta non può considerarsi completa e il rimborso non può, pertanto,  essere erogato. Qualora sia successivamente accertata dall’ufficio l’assenza di tali condizioni oggettive e, quindi, la non spettanza del rimborso Iva, se dalla dichiarazione presentata risulta un’imposta inferiore a quella dovuta ovvero un’eccedenza detraibile o rimborsabile superiore a quella spettante, si applicherà la sanzione amministrativa dal 90% al 180% della maggior imposta dovuta o della differenza di credito rimborsato. Se, invece l’eccedenza di credito Iva è stata compensata, si applicherà, salva l’applicazione di disposizioni speciali, la sanzione pari al 30% del credito utilizzato. Qualora, infine, si constati l’indebito utilizzo dell’eccedenza di credito a scomputo dell’Iva a debito relativa ai periodi di imposta successivi è prevista la sanzione amministrativa pari al 90% dell’ammontare della detrazione compiuta.

 

Sospensione del rimborso

 

Nel caso di atti, ancorché non definitivi, relativi a tributi, sanzioni e interessi, il rimborso del credito può essere temporaneamente sospeso e, una volta che l’atto sia divenuto definitivo, lo stesso può essere compensato con il debito. In alternativa, può essere richiesto al contribuente di garantire i carichi pendenti mediante presentazione di una fideiussione a tempo indeterminato. La sospensione può essere disposta dal competente ufficio sulla base degli elementi e dei dati risultanti agli atti d’ufficio o al sistema informativo dell’Anagrafe Tributaria ed il relativo provvedimento deve essere notificato all’autore della violazione e ai soggetti obbligati in solido.

 

Nello specifico:

 

Le comunicazioni di irregolarità, pur non potendo essere considerate una pretesa impositiva definitiva, rappresentano comunque una fase intermedia del procedimento amministrativo tributario finalizzato al recupero del credito erariale. Pertanto, nel caso di mancato pagamento delle somme dovute, scaduti i trenta giorni, o nel caso di decadenza dalla rateazione, l’ufficio può procedere con la sospensione totale o parziale del rimborso Iva. Qualora, però, i trenta giorni dal ricevimento della comunicazione non siano ancora decorsi o si sia in presenza di comunicazioni di irregolarità per le quali il contribuente ha intrapreso un piano di rateazione che sta regolarmente onorando, l’ufficio, in assenza di ulteriori cause ostative, può procedere con l’esecuzione del rimborso.

 

Le rate non ancora pagate relative all’accertamento con adesione, all’acquiescenza, alla conciliazione giudiziale e al reclamo/mediazione non sono considerate carichi pendenti ai fini della sospensione dei rimborsi Iva, ad eccezione delle ipotesi in cui l’omesso o il ritardato pagamento di rate comporti la decadenza dal beneficio della rateazione. La decadenza dalla rateazione può implicare la sospensione totale o parziale del rimborso e, a seconda dei casi, determinare l’iscrizione a ruolo delle somme ancora dovute o l’intimazione ad adempiere. Non si considerano carichi pendenti, altresì, le somme riammesse al piano di rateazione (legge di stabilità 2016). Analoga disciplina è prevista anche per gli avvisi di liquidazione delle dichiarazioni di successione.

 

Anche le rate non ancora versate di una cartella di pagamento non sono considerate carichi pendenti e non comportano la sospensione totale o parziale del rimborso Iva, ad eccezione delle ipotesi in cui l’inadempimento del contribuente determini la decadenza dalla rateazione. Analogamente, non si considerano carichi pendenti le rate non ancora versate nel caso in cui il contribuente abbia intrapreso e stia regolarmente onorando un piano di rateazione relativo a cartelle di pagamento derivanti da iscrizioni a ruolo delle somme dovute a seguito di decadenza dal beneficio della rateazione. Non comportino infine la sospensione del rimborso gli atti la cui riscossione è stata oggetto di sospensione amministrativa o giudiziale.

 

Fermo Amministrativo

 

Il fermo amministrativo, quale istituto di carattere generale nell’ambito della contabilità pubblica, può trovare applicazione esclusivamente in via residuale, in tutte quelle ipotesi nelle quali non siano utilizzabili gli specifici strumenti di tutela del credito erariale disciplinati dalla normativa tributaria.

 

Rimborsi iva senza prestazione di garanzia in presenza di avvisi di accertamento e rettifica.

 

L’obbligo di prestazione della garanzia ricorre limitatamente ai rimborsi superiori a 15.000 euro, in presenza di situazioni di rischio, tra cui avvisi di accertamento o di rettifica da cui risulti, per ciascun anno, una differenza tra gli importi accertati e quelli dell’imposta dovuta o del credito dichiarato superiore:

 

 

  1. al 10% degli importi dichiarati se questi non superano 150.000 euro
  2. al 5% degli importi dichiarati se questi superano 150.000 euro ma non superano 1.500.000 euro
  3. all’1 % degli importi dichiarati, o comunque a 150.000 euro, se gli importi dichiarati superano 1.500.000 euro.

 

 

Quando la pretesa erariale sia rideterminata per effetto di accertamento con adesione, di conciliazione giudiziale o reclamo/mediazione, anche successivamente all’istanza di rimborso, il raffronto tra l’imposta dichiarata e quella accertata andrà eseguito con riferimento agli importi rideterminati e non a quelli originariamente accertati (circolare 35/E del 2015). Qualora il soggetto passivo non abbia reso necessaria alcuna ulteriore attività di riscossione da parte dell’Amministrazione ed abbia spontaneamente versato quanto richiesto, anche a seguito di istituti di definizione agevolata, si considera rimossi gli effetti pregiudizievoli dell’avvenuta notifica dell’avviso di accertamento ai fini dell’erogazione del rimborso Iva.

 

Rimborsi Iva chiesti da contribuenti che hanno avviato l’attività da meno di due anni e da soggetti in liquidazione 

 

L’obbligo di prestare la garanzia ricorre anche per i rimborsi Iva di importo superiore a 15.000 euro chiesti da soggetti in attività d’impresa da meno di due. In riferimento al soggetto che esercita l’attività di impresa da meno di 24 mesi, per esercizio dell’attività di impresa si intende l’effettivo svolgimento dell’attività stessa, che ha inizio con la prima operazione effettuata e non con la sola apertura della partita Iva. Il termine temporale di due anni è riferito ai due anni antecedenti la data di richiesta del rimborso annuale o trimestrale (circolare 6/E del 2015, paragrafo 8.3). Ai fini del computo dei due anni, occorre verificare l’effettiva esistenza dell’organizzazione aziendale e l’effettivo esercizio d’impresa che, in taluni casi, può essere desunto anche dagli investimenti realizzati, dai lavori eseguiti, dai contratti, aventi data certa, stipulati, o dalle operazioni passive effettuate in funzione di future operazioni attive. Ricorre inoltre l’obbligo di prestare garanzia in alcune ipotesi di rischio, tra cui il caso del credito Iva risultante all’atto della cessazione dell’attività. Con riferimento, tuttavia, ai crediti Iva maturati nel corso del periodo di liquidazione ordinaria, nulla esclude che gli stessi possano essere chiesti a rimborso senza prestare garanzia, purché il contribuente possa dichiarare la presenza di tali condizioni:

 

a) il patrimonio netto non è diminuito di oltre il 40% rispetto all’ultimo periodo d’imposta né, nel medesimo arco temporale, la consistenza immobiliare si è ridotta di oltre il 40% in conseguenza di cessioni non effettuate nell’ambito della normale gestione dell’attività esercitata

 

b) se la società richiedente è quotata nei mercati regolamentari, non sono state cedute azioni o quote della stessa di ammontare superiore al 50%

 

c) i versamenti contributivi previdenziali e assicurativi sono stati eseguiti. Non si può, infine, estendere l’obbligo di garanzia ai crediti maturati e chiesti a rimborso durante la fase liquidatoria.

 

Sanzione per omessa prestazione della garanzia nell’iva di gruppo in caso di franchigia

 

Anche i rimborsi di ammontare inferiore al 10% dei complessivi versamenti eseguiti nei due anni precedenti la data della richiesta e registrati nel conto fiscale sono esonerati dall’obbligo di garanzia. La franchigia si applica anche alla liquidazione Iva di gruppo, per determinare l’importo oggetto della garanzia o dell’assunzione diretta dell’obbligazione (circolare 35/E del 2015). La prestazione della garanzia entro il termine di presentazione della relativa dichiarazione annuale Iva, rappresenta elemento costitutivo di perfezionamento delle compensazioni Iva infragruppo. In caso di tardiva prestazione della garanzia, le compensazioni effettuate nel gruppo producono comunque i propri effetti, ma solo dalla data in cui l’obbligo è stato adempiuto. In ipotesi di tardività nella prestazione della garanzia superiore a 90 giorni, si applica la sanzione per omesso versamento commisurata all’eccedenza di credito indebitamente compensata per effetto della tardiva prestazione della garanzia e fino alla prestazione della stessa. In assenza della prestazione della suddetta garanzia, la compensazione effettuata non si perfeziona, con la conseguenza di rendere dovuto ex tunc il versamento dell’imposta indebitamente compensata. Qualora la garanzia sia presentata in relazione all’importo eccedente la franchigia, la sanzione per omesso versamento deve essere determinata con riferimento all’ammontare dell’eccedenza rispetto alla quale il soggetto passivo è tenuto a prestare la garanzia. Infatti, per la parte dell’eccedenza di credito oggetto di compensazione per la quale non è dovuta la garanzia, la compensazione si perfeziona senza la prestazione della stessa. In caso di omessa prestazione della garanzia, il recupero avrà ad oggetto l’imposta indebitamente compensata al netto della franchigia.

Fonte: Fisco Oggi, Rivista Telematica dell'Agenzia delle Entrate - articolo di Gianfranco Mingione
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