I dati sanitari e le app che li gestiscono possono essere una miniera d’oro per la salute dei cittadini e l’efficienza del sistema sanitario: ma devono venire a patti con il diritto alla privacy.
Si tratta di strumenti oltremodo interessanti, che permettono di monitorare la salute della popolazione, migliorare la qualità delle cure, ottimizzare le risorse e alimentare la ricerca medica.
In tal modo si potrebbe avere a portata di mano un diario clinico digitale, oppure l’opportunità di poter prenotare visite ed esami in pochi clic, di ricevere consigli personalizzati per la salute e di comunicare con il proprio medico in tempo reale.
Tuttavia le barriere sono ancora molteplici: frammentazione del sistema sanitario, carenze infrastrutturali, timori per la privacy e una normativa complessa.
La privacy in particolare è un diritto fondamentale e non va sacrificato sull’altare dell’efficienza. Ma come conciliare la tutela dei dati con il progresso della medicina?
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Le app per la gestione dei dati sanitari possono rivoluzionare il modo in cui ci prendiamo cura della nostra salute. Permettono, in linea teorica, di fruire di diversi vantaggi:
Tuttavia, l’utilizzo di queste app non è privo di rischi. La sicurezza dei dati sanitari è una priorità inderogabile: è fondamentale proteggerli da accessi non autorizzati, violazioni e cyberattacchi. La privacy dei cittadini va tutelata con la massima attenzione: i dati sanitari sono sensibili e devono essere trattati in modo trasparente, responsabile e conforme alle normative vigenti.
Per questo motivo la Corte di Giustizia dell’Unione Europea (CGUE) è intervenuta su questo tema con la sentenza C-683/21 emessa lo scorso 5 dicembre 2023.
La controversia affronta la delicata questione della qualificazione del titolare del trattamento dei dati sanitari nell’ambito di un’app per la gestione del diario clinico elettronico (DCE).
Il caso di specie trae origine da un appalto pubblico indetto dal Ministero della Salute lituano per lo sviluppo di un’app per la gestione del DCE dei pazienti. Una software house si è aggiudicata l’appalto e ha sviluppato l’app in conformità alle specifiche tecniche fornite dal Ministero.
La Corte lituana ha sollevato a questo punto una questione pregiudiziale dinanzi alla CGUE per stabilire chi fosse il titolare del trattamento dei dati sanitari:
La CGUE ha stabilito che, nel caso in esame, il titolare del trattamento dei dati sanitari è il Ministero della Salute. La Corte ha rilevato che:
La CGUE ha inoltre precisato che:
La sentenza C-683/21 ha importanti implicazioni per tutti i soggetti coinvolti nello sviluppo e nell’utilizzo di app per la gestione dei dati sanitari:
Nonostante questa pronuncia rappresenti un passo avanti nella tutela dei dati sanitari nell’era digitale, restano ancora diverse sfide da affrontare per garantire un adeguato equilibrio tra privacy e innovazione in questo campo.
Fonte: articolo di redazione lentepubblica.it