I donatori di sangue hanno diritto ad un permesso, ma quanti giorni e retribuzione spettano? Vediamo insieme i dettagli.
Donare il sangue è un’attività che i cittadini possono fare volontariamente e, soprattutto, gratuitamente. In Italia, infatti, la donazione del sangue a pagamento è perseguibile per legge, in base all’art.22 della legge 219/2005.
Proprio perché non può esserci remunerazione, la donazione del sangue rientra nelle attività di volontariato e, per questo, i dipendenti possono avere un permesso retribuito per quando vanno a donare il sangue.
Vediamo come funziona.
Donare il sangue è un’azione di solidarietà per tutta la collettività. Per agevolarla al meglio, è stato introdotto il permesso retribuito per coloro che decidono di andare a donare.
Per poterlo richiedere, devono sussistere alcune condizioni:
Dopo il permesso, il dipendente dovrà presentare al suo datore di lavoro il certificato con tutte le informazioni relative alla donazione, come i propri dati anagrafici, il giorno e l’orario di prelievo e la quantità di sangue che è stata prelevata.
Il lavoratore, che ha donato il sangue, ha diritto a 24 ore di riposo, che decorrono dal momento in cui si assenta dal lavoro o, a seconda dei casi, dal momento in cui viene effettuata la donazione.
Durante la giornata di riposo, il lavoratore avrà diritto all’intera retribuzione, che sarà pagata dal datore di lavoro. Quest’ultimo dovrà rivolgersi, poi, all’Inps, entro la fine del mese successivo a quello della donazione, per richiedere il rimborso.
Per fare la richiesta, bisogna presentare la dichiarazione del donatore, in cui afferma di aver donato il sangue in maniera totalmente gratuita e di aver beneficiato del giorno di riposo e della correlata retribuzione. Oltre alla dichiarazione, bisognerà presentare anche il certificato medico.
Può succedere che il donatore risulti inidoneo alla donazione. Può accadere per diversi motivi, come quelli sanitari (il donatore è influenzato, ha un’emoglobina bassa, etc.) oppure per l’assenza di intervallo tra una donazione e l’altra.
In questo caso, il lavoratore ha diritto comunque alla normale retribuzione, ma solo per il tempo necessario per l’accertamento dell’inidoneità e delle procedure successive.
Fonte: articolo di redazione lentepubblica.it