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Un’azienda può chiedere il risarcimento danni al proprio dipendente?

lentepubblica.it • 27 Ottobre 2023

risarcimento danni dipendente aziendaNel caso in cui un dipendente compia un errore, l’azienda può richiedere il risarcimento danni? Vediamolo insieme.


Sul posto di lavoro bisogna essere sempre attenti e diligenti, ma può succedere di compiere un errore.

Ma se quest’errore provoca un danno all’azienda, come il rompimento di un macchinario o se l’errore intacca la produzione e causa mancati incassi quotidiani, allora l’azienda potrebbe richiedere un risarcimento danni.

Vediamo in quali casi e le modalità.

Risarcimento danni: in quali casi il dipendente è responsabile?

Bisogna distinguere due casi. Se l’errore è stato fatto

  • Per propria volontà (dolo);
  • Per negligenza o imperizia (colpa).

Se facciamo riferimento all’art.2043 del Codice civile, sappiamo che qualsiasi fatto, che sia doloso o colposo, che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che lo ha commesso a risarcire il danno.

Nel caso di un errore fatto un dipendente sul posto di lavoro, ovviamente, bisognerà fare una distinzione caso per caso.

Se, ad esempio, il dipendente utilizza un macchinario nella maniera corretta e questo smette di funzionare improvvisamente, per un guasto non a lui imputabile, l’azienda non potrà richiedere alcun risarcimento danni, poiché fatto accidentale.

Se, invece, il malfunzionamento è dovuto ad un mancato rispetto delle norme di sicurezza o del regolamento aziendale, si potrà richiedere un risarcimento danni al dipendente, che si è dimostrato negligente.

Stessa cosa in caso di dolo, ovvero di volontà del dipendente di arrecare un danno.

risarcimento danni dipendente aziendaRisarcimento danni dipendente: come dimostrare il contributo del lavoratore al danno

Innanzitutto, occorre tenere conto del rapporto di causalità. Bisognerà, quindi, dimostrare che il danno o il malfunzionamento siano la conseguenza del comportamento errato del lavoratore.

Quest’elemento varia anche a seconda della posizione e del livello di esperienza del lavoratore. Ad un lavoratore esperto, si richiederà più attenzione e perizia di un lavoratore alle prime armi.

Bisognerà tenere conto anche della formazione che l’azienda ha fornito al dipendente. Ad esempio, un lavoratore non può essere ritenuto responsabile di un danno se viene dimostrato che non è stato opportunatamente istruito sulle mansioni da fare o sugli strumenti da utilizzare. Oppure se il suo grado di specializzazione non si adatta alla mansione data.

Infine, il risarcimento danni non può essere richiesto se viene rilevato un grado di usura elevato dello strumento o del macchinario utilizzato dal lavoratore.

Si potrà ottenere il risarcimento danni soltanto se l’azienda potrà dimostrare un comportamento scorretto del lavoratore (sia per dolo che per colpa), evidenziando anche la perdita economica ottenuta dopo il danno.

Risarcimento danni dipendente: come viene erogato

L’azienda, oltre al risarcimento danni, può richiedere anche una trattenuta sulla busta paga del dipendente o sul TFR, nel caso in cui emerga la sua responsabilità per il danno.
La trattenuta sulla busta paga (o sul TFR) potrà applicarsi solamente dopo la sentenza di condanna, che delineerà l’entità esatta del danno e mai in via preventiva.

L’entità del danno sarà valutata dal giudice e dai periti.
Se il giudice darà ragione all’azienda, questa potrà procedere con la trattenuta sulla busta paga, anche oltre il limite del quinto dello stipendio, fino all’intera somma.

L’azienda può valutare procedimenti più gravi?

Per potersi tutelare, il datore di lavoro potrà richiedere anche un procedimento disciplinare, in alternativa al risarcimento danni, per il lavoratore che ha compiuto il danno.

Il procedimento disciplinare può portare ad un richiamo scritto o a sanzioni più gravi, come la sospensione o il licenziamento per giusta causa.

Fonte: articolo di redazione lentepubblica.it
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